Diciamocelo chiaramente.

Siamo figli dal giorno in cui nasciamo a quello in cui i nostri genitori decidono di lasciarci, e forse in un certo senso anche dopo.
C’è un legame indissolubile che ci unisce, una alchimia misteriosa.
Ma quanto questo legame deve essere stretto e fino a quando?
Da quando sono genitore me lo chiedo spesso.
Mi chiedo quando
si può cominciare ad allentare la corda, a fidarsi ciecamente del proprio figlio e sentirsi sicuri del lavoro di educatori che abbiamo svolto. E come capire se stiamo andando nella direzione giusta?
E’ noto ormai come i figli italiani vivano per molti anni in casa con i genitori, qualcuno parla di “bamboccioni“, qualcuno addita le mamme come troppo possessive.
Io credo che si vada molto al di là di queste semplicistiche definizioni. C’é sicuramente un substrato culturale che ne fa da padrone, ma ogni situazione è a se’ e ogni famiglia ha le sue motivazioni.
Ciò non toglie, che sia che si vada via di casa a 18 anni (pensiamo ai tanti ragazzi studenti fuori sede) che a 30, rimaniamo figli, i figli prediletti, sempre.
E allora, forti di questo status, noi genitori dobbiamo pretendere di sapere sempre tutto da loro? Anche a 30 anni?
No, i nostri figli non devono dirci tutto, ne sono convinta.
Non dico a 2, 10 o 14 anni (periodo critico pieno di cambiamenti); a quell’età il fatto che si confidino con noi ci dà la possibilità di instradarli nel caso avessero bisogno. Ma in età adulta no. Ognuno matura con i suoi tempi, ma una volta grandi, non devono dirci tutto, non più.
Se lo fanno a quella età evidentemente non siamo stati prima sufficientemente bravi a dare loro fiducia nelle proprie capacità, a renderli sicuri delle proprie idee, convinzioni, azioni.
E cercano nella confidenza, un conforto, sollievo, e perdono.
I figli non sono nostri amici. Chi dice che tratta i figli da amici è perché non è riuscito negli anni a costruirsi una propria nicchia di affetti, una propria vita indipendente, altra.
E necessita delle confidenze dei propri figli, magari già fidanzati o a loro volta genitori, per sentirsi ancora utili, ancora educatori.
Non dico che non debbano chiedere consigli oppure che non sia bello passare del tempo tutti insieme, in famiglia a raccontarci la vita. Dico solo che noi genitori, pur rimanendo tali per sempre, dovremo smetterla di ergerci a formatori e conoscitori del mondo. Osserviamo i nostri figli, per condividere emozioni empaticamente, ma fermiamoci qui; la relazione sarà molto più bella e sentita e quindi, nel caso, anche più utile ad entrambi.
Se avremo fatto un buon lavoro, soprattutto nei primi anni di vita dei nostri figli, loro saranno migliori di noi e non avranno più niente da imparare da noi.
E anche se gli step della loro vita dovessero somigliare ai nostri, saranno diversi ed unici.
L’immagine è tratta da Pixabay

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