Noi mamme attente ad ogni respiro e fiato di nostro figlio, forse non smetteremo mai di chiederci se stiamo facendo davvero tutto e al meglio per lui.
In questo post ho parlato della struttura, qui invece degli educatori e delle attività.
Ma in questo articolo vorrei provare a concludere l’analisi su come cercare e trovare il cosiddetto asilo perfetto.
A mio avviso ci sono ancora due elementi di cui parlare.1. Logistica
Quali sono gli orari di apertura e le fasce orarie di entrata e uscita?
Ci sono genitori che possono trovarsi in serie difficoltà se l’orario di apertura non è compatibile con l’orario di lavoro. E non sempre e non per tutti è possibile ricorrere a nonni, zii o tate.
Quindi è da considerare bene anche questo aspetto che in alcuni casi per alcune famiglie può diventare l’unica vera discriminante sulla scelta della struttura.
Un altro aspetto però da tenere in considerazione è anche la vicinanza o meno al luogo di lavoro e/o di abitazione. Se per avere un spettro temporale più ampio devo allontanarmi molto dai due luoghi casa e lavoro, allora la cosa va ponderata bene. Ricordiamoci tra l’altro che la serenità dei nostri bambini dipende per la maggior parte dalla nostra. Quindi anche l’asilo non va considerato essere solamente un posto adatto ai piccoli, ma anche a noi adulti.

Non ho avuto esperienza diretta, ma so che è comune in altri Paesi Europei, la possibiltà di avere fasce orarie pomeridiane, anziché mattutine.
In quel caso esistono due tipi di tariffe per il tempo corto. Di solito quello del pomeriggio ha un costo inferiore, considerando che i bambini almeno fino a 4 anni fanno il riposino pomeridiano.
Per alcuni tipi di lavori può essere molto utile avere questa opzione, abbinata possibilmente ad un orario di uscita consono ai bisogno del genitore.

2. La fase dell’inserimento
Su questo argomento, molto delicato a mio avviso, mi sono interrogata spesso per capire quale potrebbe essere la formula migliore.
a) La modalità tutta italiana in cui la fase di inserimento può durare addirittura fino a due settimane, in cui genitori, tutori e nonni rimangono nella struttura insieme al bambino un tempo stabilito fino a quando gli educatori non ritengono che tutto è pronto per un volo in solitaria nel mondo.
b) La modalità “piangi che tanto passa“, tipica dei Paesi del Nord in cui il bambino, fin dai primissimi giorni viene lasciato nelle braccia sconosciute delle educatrici, lasciandolo piangere e sfogarsi per la “perdita improvvisa della mamma”. Con questo metodo, ci assicurano, dopo qualche giorno tutto passa.

Si, certo. Ma a quale prezzo?
Io non so valutare quale sia il migliore, e per fortuna non ho avuto bisogno di tempi lunghi per l’inserimento di mio figlio che bene e presto si è adattato al nuovo ambiente, ma penso che, come sempre, in medio stat virtus.
Forse noi popoli latini dovremmo cercare di mollare un po’ di più la presa con i nostri bambini, fin dai primi respiri, senza però raggiungere i livelli strazianti che possono verificarsi in altri Paesi.
Forse sarebbe semplicemente utile, imparare ad ascoltare di più il bambino.
E voi che cosa ne pensate?

Riguardo a questo argomento vi suggerisco un articolo apparso su una testata del Corriere proprio nei giorni intorno alla riapertura delle scuole dopo la pausea estiva.
È una riflessione interessante che collega il nostro modo tutto Italiano di essere un po’ “bamboccioni” con la fase di inserimento all’asilo. Forse un po’ azzardato, ma secondo me vale la pena darci un’occhiata. Lo trovate qui.
E se volete, quando l’avrete letto, tornate a dirmi che cosa ne pensate. A dopo!

 

L’immagine è tratta da Pixabay

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *